Le basi della dieta sostenibile (IIFYM)
Per questo mio articolo ero partita con l’idea di scrivere qualcosa di tecnico, poi vedendo sulla bacheca di Facebook e altri social le domande che vengono poste sui gruppi mi sono resa conto che sarebbe stato più proficuo spendere qualche parola su dei concetti che tutti direte di sapere già, che sono ovvietà e che non vi dico nulla di nuovo, ma che sempre più mi rendo conto suscitano dubbi e paure infondate. Mal che vada, repetita iuvant.
Ci sarebbero talmente tante cose da dire che non so neanche da dove iniziare, ma facciamo un po’ di ordine.
Dieta sostenibile
Ve lo sarete sentito ripetere millemila volte, ma partiamo dal concetto fondamentale ed imprescindibile: qual è, se esiste, la dieta perfetta? Nonostante la parola dieta ci riporti sempre alla mente sacrificio e restrizione calorica, sappiamo che in realtà il termine significa “modo di vivere”, quindi l’insieme dei cibi che assumiamo, in qualsiasi quantità e di qualsiasi qualità essi siano. Se la dieta deve essere uno stile di vita, al di là del fatto che sarebbe auspicabile fosse abbastanza qualitativa da permetterci una vita lunga e in salute, deve prima di tutto essere sostenibile. Finché si parla di brevi periodi o di obiettivi ben precisi (vedi ad esempio la preparazione ad una gara) è anche possibile seguire un regime alimentare che non ci piace, ma quando i tempi si allungano dobbiamo trovare un compromesso fra i nostri obiettivi e il grado di stress che la dieta ci causa; se arriviamo ad un punto in cui tutta la nostra giornata è occupata dal pensiero del cibo, vuoi per la fame o perché pensiamo continuamente a cosa dobbiamo/possiamo mangiare, ecco che capiamo che quello non è lo stile alimentare che fa per noi, pena l’autosabotaggio (cortisolo alle stelle, possibilità di sviluppare DCA, rischio di mandare tutto a quel paese entro breve senza aver la voglia di provare altre soluzioni, ecc.).
Ovviamente, dieta sostenibile non vuol dire però “mangio ad cazzum tutto quello che mi pare” con la scusa che “se no mi sale il cortisolo” o “non voglio diventare un/a fissato/a”; l’obiettivo è cercare di avere uno stile alimentare che ci permetta di raggiungere i nostri obiettivi senza però uscirci pazzi.
IIFYM
Dico la verità, sono poche le persone, soprattutto nel settore del fitness, che riescono a gestirsi a sensazione, cioè riescono ad ascoltare il loro senso di fame (quella vera però, non la gola) e a scegliere i cibi da mangiare nelle giuste quantità e proporzioni. Più spesso c’è bisogno di una guida, dei paletti che per lo meno ci indichino la strada da seguire. C’è chi preferisce una cosiddetta dieta pesata, in cui sono indicati gli alimenti da assumere ogni giorno (che sia nello specifico o per categorie) e la loro quantità, ma sempre più si sta diffondendo lo stile cosiddetto IIFYM (If It Fits Your Macros), in cui sono definiti i macronutrienti giornalieri da raggiungere, lasciando libertà di scelta sugli alimenti da consumare. Questo tipo di dieta è ottimale sia a livello fisico, ma soprattutto sul lato psicologico. Ci permette infatti da un lato di mangiare quello che vogliamo, variando molto gli alimenti, a tutto vantaggio dell’apporto di micronutrienti, dall’altro di concederci ogni tanto un piccolo sfizio. MA! C’è un grande “ma” in tutto questo. Troppo spesso ormai IIFYM è diventato sinonimo di “mangio quel c… che mi pare, tanto sto nei macro” indulgendo in junk food & co. Senza parlare poi di episodi di binge camuffati da cheat day o refeed, ma questa è un’altra storia e rischio di dilungarmi troppo. Tanto che il famoso principio 80-20 o 90-10 (% di cibo “pulito” vs cibo “sporco”) diventa la fiera del mangiare ad capocchiam.
Quindi vi prego, ricordate le semplici linee guida:
- prediligere alimenti poco processati
- ridurre i grassi saturi senza demonizzarli (un buon burro è meglio di un olio di scarsa qualità o una margarina) e soprattutto evitare i grassi trans
- assicurarsi un buon apporto di grassi insaturi e Omega-3
- non eccedere con gli zuccheri (in linea di massima 10% delle calorie giornaliere, che può essere un po’ di più per gli sportivi)
- verdura e in minor misura frutta, da associare a cereali integrali e legumi per assicurarci un adeguato (ma non eccessivo) apporto di fibre, sia solubili che insolubili,
- adeguato apporto proteico, che copra tutto lo spettro di aminoacidi essenziali,
- sufficiente apporto di micronutrienti (vitamine e sali minerali).
Nota: va bene essere precisi nel conteggio dei macros, ma non maniacali, un grammo in più o in meno non farà la differenza, soprattutto se consideriamo la variabilità dei cibi non industriali (il contenuto di zucchero nella frutta cambierà già solo a seconda dello stato di maturazione, la quantità di grasso di un taglio di carne da come l’animale è stato allevato, ecc…).
Nota 2: spero non abbiate dubbi su questo, ma per il calcolo dei macro va tenuto conto solo della parte edibile degli alimenti al netto degli scarti (frutta sbucciata, molluschi e crostacei senza guscio, pesce senza pelle, ecc…), e la pesata va fatta a crudo (il peso dei cereali cotti può variare in base alla quantità di acqua utilizzata e del grado di cottura, così come quello della carne da come la cuciniamo e quanto si asciuga).
Cibi buoni e cibi cattivi
Ora, detto questo, non iniziamo a demonizzare determinati alimenti o macronutrienti. Ad esempio, in una dieta ipocalorica converrà prediligere alimenti a bassa densità calorica, mentre una persona in forte ipercalorica, o che fa fatica ad introdurre una quantità adeguata di cibo potrà beneficiare di cibo caloricamente più denso. Una certa quantità di grassi sono indispensabili per l’assorbimento delle vitamine liposolubili e per il corretto funzionamento ormonale. E i carboidrati di per sé non fanno ingrassare.
Latticini e glutine: per carità non sono Satana! Ammesso e non concesso esista l’intolleranza al glutine e che non vi siate autodiagnosticati quella al lattosio, non c’è motivo di escluderli completamente dalla dieta, come per qualsiasi altro alimento (a meno non siate allergici, o magari in particolari momenti di preparazione ad una gara). Anzi, anche gli esperti del settore consigliano nel caso di intolleranze di determinare la soglia di tollerabilità dell’alimento in questione e di continuare a consumarlo entro quel limite (per evitare una ulteriore downregulation degli enzimi deputati al suo metabolismo).
Questo discorso vale per qualsiasi alimento, ognuno di noi avrà quei cibi che lo fanno stare male, per cui dovrà trovare la dose minima tollerata (dopo un eventuale periodo di wash-out), e quelli che invece può assumere senza problemi.
Concludendo (?)
Questi sono solo alcuni spunti base, ci sarebbero ancora moltissime cose da dire e di cui parlare, ma per oggi non voglio tediarvi oltre. Per stavolta la conclusione è: non fatevi troppe paranoie e cercate di mangiare decentemente.
Alla prossima!
Autore: Debora Oro (Biologa Nutrizionista – Team CorporeSano)
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