Insulina e dieta
Abbiamo visto in un nostro recente articolo cos'è la resistenza insulinica e come si instaura.
Si rende quindi doveroso parlare un po’ più nel dettaglio dell’approccio dietetico in questa condizione. Innanzitutto bisogna precisare che le linee guida sono diverse nel caso della resistenza insulinica e del diabete di tipo 2 (DM2 - in cui la prolungata insensibilità all’insulina ha portato ad una disregolazione della produzione della stessa da parte del pancreas e si rende quindi necessaria la terapia sostitutiva), anche se ci sono molti punti in comune.
Prendiamo quindi in considerazione l’opzione più ottimistica della resistenza insulinica (RI - ed eventuale sindrome metabolica, in cui anche trigliceridemia e colesterolo sono alterati).
Se nel DM2 il calo ponderale e il controllo del peso sono l’obbiettivo primario e talvolta la sola dieta è in grado di normalizzare l’assetto glucidico e lipidico, questo risulta ancor più vero nel caso di RI. Quindi innanzitutto, vediamo di calare un po’ la pancetta (per essere seri, il grasso viscerale), perciò un po’ della vecchia odiata dieta ipocalorica è quello che ci serve.
I Nutrienti
Carboidrati
Se state pensando “beh, se il problema sono i carboidrati, li elimino e torna tutto a posto”, vi dico subito che non è questo l’approccio migliore.
Nelle persone con il diabete non viene suggerito l’uso di diete a basso contenuto di carboidrati (ovvero con una restrizione al di sotto dei 130 gr/die), perché farlo nel caso di RI? Potremmo anche cominciare con una dieta low-carb, per migliorare il metabolismo lipidico e l’affinità col glucoso (ce n’è poco -> lo sfrutto più che posso), tenendo conto però che le diete high-fats (attenzione al tipo di grassi) nel lungo termine portano ad un ulteriore peggioramento della sensibilità insulinica (non ce n’è in circolo -> niente stimolo -> “disuso” dei recettori), quindi provvediamo entro breve a tornare a quantitativi glucidici di almeno 120 gr/die, senza ovviamente eccedere (diciamo a spanne massimo 200 gr/die se ci alleniamo), magari attuando una reverse diet (e chissà, magari pian piano arriveremo pure molto in alto). Oppure perché non ciclizzare e prendere due piccioni con una fava?
Piuttosto, abbiate cura di selezionare le fonti più adatte di carboidrati, cioè vegetali, legumi, cereali integrali e in minor misura frutta. Sono consigliati cibi ricchi in fibre e con basso indice e carico glicemico (sì, in questo caso conta). Cercate di fare pasti completi, che includano tutti i macronutrienti e le fibre, solubili e insolubili, ripartendo uniformemente i pasti (e la quota di carboidrati) nell'arco della giornata (vedremo dopo l’eccezione). Si cercherà di minimizzare l’apporto di zuccheri semplici (attenzione alla frutta), che non dovrebbero superare il 10% delle calorie giornaliere totali.
Proteine
C’è poco da dire, a parte il fatto che, dato che anche l’introduzione di proteine può portare ad un aumento della risposta insulinica postprandiale (seppur minore a quello dato dagli zuccheri), senza aumentare la concentrazione del glucosio ematico, possono aiutare a gestire meglio la glicemia, ma non devono essere utilizzate per trattare un episodio acuto ipoglicemico o prevenire un’ipoglicemia notturna nel paziente diabetico.
Grassi
L’apporto di grassi saturi dovrebbe essere ridotto al massimo al 10% delle calorie giornaliere e va ovviamente evitata l’assunzione di grassi trans, prediligendo su tutti i grassi monoinsatutri. Via libera al pesce azzurro, per la presenza di acidi grassi n-3 polinsaturi.
L’alcool va ridotto al minimo, soprattutto nel caso di ipertrigliceridemia, e possibilmente assunto contestualmente ad un pasto completo.
In generale, la Società Italiana di Diabetologia-Ass Medici Diabetologi indica come primo obiettivo quello di evitare o minimizzare le fluttuazioni glicemiche, proponendo 5 pasti giornalieri per permettere un miglior controllo glicemico evitando iperglicemie (il digiuno intermittente può essere un’opzione nel caso di resistenza insulinica, ma digiuni prolungati vanno evitati nel caso di diabete conclamato).
Attività fisica
Ricordiamoci che la contrazione muscolare, portando all'esaurimento delle scorte di glicogeno nella cellula, è in grado di far esporre sulla membrana dei miociti i recettori GLUT-4 anche in assenza di stimolo insulinico, migliorandone selettivamente l’uptake del glucosio. Sappiamo ormai tutti che il momento migliore per mangiare i nostri beneamati carboidrati è a ridosso dell’allenamento (in questo contesto, facciamo attenzione ai grassi), in particolare dopo l’allenamento (nei diabetici la cosa cambia leggermente, essendo in trattamento con insulina). Ovviamente stiamo parlando di esercizio intenso (vedi depauperamento delle scorte di glicogeno), non barate. E variate gli stimoli, in modo che il muscolo non si adatti.
Numerosi studi sono stati fatti su diversi integratori utili per migliorare la condizione di insulino-resistenza, e ci vorrebbe/vorrà un articolo intero a parte per trattarli tutti (o forse neanche tutti). Come sempre però, i risultati sono spesso controversi e quello che conta veramente è la gestione della dieta nel suo complesso, senza affidarsi alla "pillola magica". Prima cominciamo a mangiare decentemente, poi ne riparliamo!
Autore: Debora Oro (Biologa Nutrizionista – Team CorporeSano)
Facebook: Debora Oro
Pagina del Team: CorporeSano – Food&Training System
No Comments