Dolcificanti: facciamo chiarezza
Da quando si è diffusa la consapevolezza che l’eccesso di zucchero può portare grossi danni alla nostra salute, sempre più persone si sono rivolte a bevande ed alimenti “alternativi”, in grado di soddisfare la loro voglia di dolce pur essendo “sugar free”. Questi alimenti contengono in un modo o nell'altro tutti dolcificanti, di sintesi o naturali che siano (stiamo parlando di LNCS – Low- and No-Calorie Sweeteners – e no, nei dolcificanti naturali non includo miele, sciroppo d’acero o simili, né tanto meno succo d'uva o purea di mela, quelli sono a tutti gli effetti zuccheri aggiunti, spero ne siate tutti consapevoli).
A questo punto, vuoi per riflessione personale, vuoi per i titoli scandalistici che i media ci propongono ogni giorno, molti si sono chiesti se questi dolcificanti possano in qualche modo arrecare danno alla salute. Premettiamo una cosa, un qualsiasi edulcorante prima di essere disponibile per il consumo umano deve passare tutta una serie di test, sia in vitro che in vivo, per poter ricevere l’autorizzazione al consumo umano e i limiti di assunzione consigliati (ADI – Acceptable Daily Intake, cioè la quantità che può essere consumata giornalmente per tutta la vita senza che ci sia rischio per la salute) sono al di sotto della reale soglia di tossicità (NOAEL - No Observed Adverse Effect Level, cioè la quantità che anche se consumata giornalmente non causa alcun effetto biologico), dai quali sono calcolati, di 100 volte (ADI=NOAEL/100), garantendo un ampio margine di sicurezza. Inoltre la quantità utilizzata per raggiungere la dolcezza richiesta è veramente minima, spesso al di sotto dell'ADI anche con un consumo intensivo, figuriamoci rispetto alla dose tossica. Se ci stiamo preoccupando quindi della quantità di dolcificante che stiamo usando probabilmente il problema è a monte: perché abbiamo bisogno di così tanto “dolce”?
I vari tipi di dolcificante
In commercio sono disponibili vari tipi di dolcificanti (spesso usati in combinazione nelle bevande e alimenti senza zucchero), ciascuno dei quali ha diversi profili di assorbimento, metabolizzazione ed escrezione, come potete vedere dalla tabella qui sotto.
Magnuson BA et al. - Nutr Rev (2016) 74 (11): 670-689.
Dolcificanti come la saccarina, l'acesulfame K non vengono metabolizzati dall'organismo e vengono assorbiti tal quali, il sucralosio invece viene direttamente escreto senza essere né metabolizzato né assorbito. L'aspartame viene scomposto nell'intestino in metanolo e aminoacidi, per poi essere assorbiti e metabolizzati nel modo in cui lo sarebbero le stesse molecole provenienti dalla frutta, verdura e alimenti proteici. I glicosidi steviolici non sono invece metabolizzabili dagli enzimi umani, quindi della loro digestione se ne occupa la nostra flora intestinale; lo steviolo, unico metabolita risultante, viene poi assorbito, coniugato (legato cioè a molecole che ne facilitano il trasporto) nel fegato ed escreto come succede a molti metaboliti endogeni ed esogeni (ormoni, medicine, ecc..). In tutti i casi l'esposizione sistemica risulta breve e minima, data la rapidità di eliminazione e le minime dosi di utilizzo.
Piccola nota sull'aspartame, che continua ad essere uno dei dolcificanti più temuti, nonostante abbia ottenuto l'approvazione al consumo in tutto il mondo e una recente rivalutazione da parte dell'EFSA (European Food Safety Authority) che ha concluso che l'aspartame non è da considerare pericoloso ai livelli di consumo odierni. Gli unici che si devono preoccupare del consumo di aspartame sono le persone affette da fenilchetonuria (malattia ereditaria), in cui questo dolcificante può contribuire ad aumentare i livelli di fenilalanina (tossica per questi soggetti); per tutti gli altri, l'ADI è di 50 mg/kg, l'equivalente di una ventina di lattine di bibita “zero” (spero per voi non ci arriviate, ma per altri motivi). È una molecola termolabile, quindi se lo usate per dolci che poi andranno cotti perderete parte del suo potere dolcificante.
Una piccola menzione va anche all'eritritolo, polialcol spesso usato come “filler” per altri dolcificanti (soprattutto per la Stevia) che altrimenti non potreste dosare a cucchiaini. L'eritritolo ha un aspetto ed un potere dolcificante paragonabile a quello dello zucchero da tavola. Dell'eritritolo ingerito, solo una minima parte riesce a raggiungere l’intestino crasso ed essere metabolizzato, risultando in un apporto calorico di massimo 0,2 kcal/gr. A livello intestinale questo edulcorante è tollerato molto meglio rispetto ad altri polialcoli che possono invece provocare spiacevoli effetti collaterali (fino a 1 g/kg di peso corporeo). L'indice glicemico e l'indice insulinico di questo dolcificante sono praticamente nulli; pare inoltre avere anche effetti antiossidanti in vivo ed un ruolo protettivo contro la placca batterica (aiuta a prevenire la carie).
Discorso a parte per la Stevia, che sembra avere effetti farmacologici anche a dosi raggiungibili con il consumo abituale. Questo dolcificante a basse dosi sembrerebbe avere un effetto antiinfiammatorio e antiossidante generale. È stata ipotizzata anche una possibile correlazione fra il consumo di Stevia e problemi di fertilità, ma i risultati degli studi non sono univoci e non ci sono prove sull'uomo. Eventuali effetti cancerogeni, se anche fossero presenti, sarebbero minimi data la bassa potenza dei glicosidi steviolici e controbilanciati dal loro potere antiossidante.
Rischi e benefici
I dolcificanti si sono dimostrati non influire sulla risposta insulinica in svariati studi in vivo. Solo uno studio sembra affermare il contrario, ma è stato effettuato in vitro su cellule isolate di pancreas di ratto, mentre gli studi in vivo sull'uomo non supportano questa tesi. Se anche questo fosse, la stimolazione dell'insulina sarebbe così minima (pari a quella del solo guardare o odorare un dolce) da non avere effetti sulla glicemia (che comunque sarebbe al massimo abbassata, essendo l’insulina ipoglicemizzante) e di sicuro non tale da creare problemi come l'insulino-resistenza, quindi men che meno problemi di accumulo di grasso (che comunque non sono dati di certo dalla sola insulina). Al di là del fatto che una minima quantità di insulina è sempre circolante, bilanciata dagli altri ormoni, e oltretutto non sarebbe presente il picco glicemico dato dagli zuccheri, quindi ci stiamo perdendo in un bicchiere d’acqua (dolcificata o meno).
Negli anni ci sono stati anche studi che hanno correlato l'uso di dolcificanti con un aumentato appetito, la tendenza a mangiare di più e l'aumento di peso. Questi sono comunque solo studi correlazionali (correlazione non significa causalità, ricordiamolo sempre) e può essere semplicemente che le persone che utilizzano una maggior quantità di dolcificanti siano più predisposti ad un eccessivo consumo di cibo e all'accumulo di peso. Questo se ci pensiamo non ci dovrebbe poi stupire. I cibi dolci sono quelli che danno un drive maggiore al consumo (insieme a quelli molto salati), più mangiamo dolce e più il gusto si abitua e quello che una volta ci sembrava dolcissimo diventa la normalità, portando ad aumentare il grado di dolcezza; questo probabilmente succede anche più velocemente nei soggetti predisposti all'abuso di cibo. Questo è reversibile, si può resettare il gusto, ci vogliono un paio di settimane. Provare per credere: quella fetta di torta dolcissima che tanto vi piaceva vi potrebbe risultare addirittura nauseante.
Altri studi (compiuti su Drosophila – moscerino della frutta – e topo) hanno mostrato come i dolcificanti porterebbero ad un aumentato consumo di cibo per il fatto di slegare il gusto dolce da un corrispondente apporto calorico, inducendo a consumare più cibo per compensare questo gap energetico. Il meccanismo non è ancora del tutto compreso ma si ipotizza che lo sbilanciamento fra gusto dolce e apporto energetico mimi gli effetti del digiuno a livello cerebrale. Questi studi non sono stati validati sull'uomo ed in ogni caso, questi effetti accadono solo quando l’assunzione avviene a digiuno e ad altissime dosi, quindi un caffè senza zucchero non vi ucciderà se preso da solo e men che meno se al termine di un pasto più o meno ricco di nutrienti. Personalmente ritengo che in quanto esseri umani ci sia una grossa differenza rispetto agli animali: la possibilità di scelta. Se ci troviamo davanti ad un pacco di biscotti, fame o meno, possiamo decidere coscientemente di non mangiarlo, mangiarne uno solo o scofanarci tutto il pacco (ok, entra in gioco anche la forza di volontà e l’aspetto psicologico, ma quello è un altro discorso).
L’uso dei dolcificanti ha ovviamente la funzione di fornire un'alternativa acalorica allo zucchero, pur permettendo di conservare il sapore dolce dei cibi e delle bevande, aiutando quindi a ridurre l’introito calorico della dieta, magari permettendo di sfruttare le calorie “risparmiate” per alimenti più salubri. Molti studi hanno dimostrato come i dolcificanti possano essere utili nel trattamento dell’obesità, del diabete e problemi simili, aiutando a ridurre sia il peso che il grasso corporeo (deficit energetico). Gli unici che dovrebbero preoccuparsi dell’uso dei dolcificanti potrebbero essere i bambini, donne in gravidanza o allattamento e le persone soggette a frequenti emicranie.
Inoltre, tante persone fanno fatica a bere una quantità d’acqua adeguata alle loro necessità e questo può portare addirittura ad uno stallo del peso. Se rendere più palatabile l’acqua aromatizzandola, almeno in una prima fase, può aiutare a bere di più direi che i vantaggi superano gli ipotetici e non confermati svantaggi.
Stesso discorso vale nel momento in cui si utilizzino i cibi dolcificati per ridurre l’introito calorico senza dover per forza rinunciare ad uno sfizio, migliorando quindi l’aderenza alla dieta. Sarà meglio bersi una cola zero o mangiarsi un dolce dolcificato che buttarsi su una fetta di Sacher? Anche nel caso di atleti in preparazione che non riescono a rinunciare il sapore dolce, sarà peggio un po’ di dolcificante o una valanga di cortisolo?
Se gli effetti avversi dei dolcificanti sono controversi, quelli dell’eccesso di zucchero sono invece ben documentati. Ovviamente mangiare un dolce “senza zucchero” con edulcoranti NON vuol dire necessariamente mangiare sano, soprattutto se si tratta di cibi industriali, ricordiamolo sempre. Se ne deduce anche che non è che perché abbiamo sostituito il cucchiaino del terribile zucchero nel caffè con il salvifico dolcificante allora ci possiamo mangiare un etto di pane in più a pranzo, mi raccomando.
E comunque, nelle bibite, light o no, i dolcificanti sono il “problema minore”, quindi meglio non abusarne, ma una cola zero assieme agli amici il sabato sera non ci ucciderà (probabilmente meno del long-drink comunque). Quindi anche nel caso delle bevande light vale lo slogan “bevi responsabilmente”.
Ringrazio il collega del team Andrea Piccini per lo spunto datomi per alcune considerazioni esposte in questo articolo.
Autore: Debora Oro (Biologa Nutrizionista – Team CorporeSano)
Facebook: Debora Oro
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