Vitamina D
Che cos'è la Vitamina D?
La vitamina D è sostanzialmente un ormone e come tale deriva dal colesterolo (quest’ultimo è necessario per la formazione degli ormoni sessuali e surrenali). Per essere più precisi (sarò conciso, ma è necessario per capire il seguito) le azioni della vitamina D sono da attribuire al suo metabolita attivo, ossia l’1,25-diidrossicolecalciferolo [1,25(OH)2D3], che viene prodotto attraverso una serie di passaggi a partire dal colecalciferolo (D3), derivante dal colesterolo. Per questo motivo parliamo di vitamina liposolubile, poiché si trova disciolta nella parte grassa degli alimenti che la contengono. Anche l’ergocalciferolo (D2) segue gli stessi passaggi. La vitamina D3 è contenuta quasi esclusivamente nei grassi animali, mentre è trascurabile la quota di vitamina D2 presente in alcuni grassi vegetali. Sia la vitamina D3 che la D2 possono essere assunte con la dieta o con l’integrazione (anche se l’integrazione della D3 è preferita alla D2 dal momento che essa viene utilizzata in maniera più efficace dal corpo). Resta comunque inteso che (senza fonti esogene) la quota preponderante, circa l’80-90% di vitamina D3 deriva dalla conversione del 7-deidrocolesterolo (o provitamina D) a seguito dell’esposizione della pelle ai raggi ultravioletti di una specifica lunghezza d’onda: gli UV-B.
I raggi solari non sono tutti uguali
In breve, il sole emette fotoni a varie frequenze, le tre “bande” principali sono UV-A, UV-B e UV-C ma, a causa di molteplici fattori (quali l'altezza del sole dipendente dall’orario della giornata, latitudine: man mano che ci s'avvicina all'equatore il livello UV aumenta, la nuvolosità, l’altitudine, l’ozono e la rifrazione terrestre data dal manto su cui battono i raggi solari, ecc …) circa il 95% degli ultravioletti che arrivano sulla terra sono UV-A, lo 0% UV-C ed il 5% UV-B. Se così non fosse saremmo già tutti morti di caldo, come nei film apocalittici. L’UV-B dunque è caratterizzato da una speciale lunghezza d’onda (tra i 280 e i 315 nm). Quest’ultima si verifica con “costanza” tutto l'anno solo vicino all'equatore, tra i paralleli 37°. Il resto del mondo industrializzato ha scelto di spostarsi da queste zone molti anni fa e forse non è stata proprio una grande idea. Per esempio, qua in Italia, la luce solare è caratterizzata dalla presenza di queste radiazioni solo per un numero limitato di ore, che tra l’altro varia in relazione alla stagione e alla latitudine. Per tale motivo, sempre riferendosi all’Italia, la "produzione invernale" di vitamina D legata all’esposizione solare è insufficiente (periodo in cui tra l’altro abbiamo meno voglia di prendere il sole e che sarebbe dunque più indicato per l’integrazione alimentare).
Fattori che ostacolano la produzione di vitamina D
Altri fattori che condizionano fortemente la sintesi vitaminica sono l’età (a parità d'esposizione solare un soggetto anziano produce il 30% in meno di vitamina D), la superficie e lo spessore della cute esposta al sole, il tempo d’irradiazione, nonché l’uso di creme protettive che possono ridurre del 97% la sintesi cutanea di vitamina D. Oltretutto la forte liposolubilità è un’arma a doppio taglio. Da una parte essa viene rapidamente assorbita a livello duodenale e poi distribuita attraverso la circolazione linfatica quasi totalmente al tessuto adiposo, da cui viene liberata in piccole quantità rispetto alla quota immagazzinata, il cosiddetto “effetto serbatoio” che è alla base del concetto delle megadosi d’accumulo (per questo si può prendere anche in unica assunzione settimanale o addirittura mensile). Di contro, una maggiore massa adiposa “diluisce” la vitamina D, il che spiegherebbe la percentuale di rischio più elevata di una sua carenza nei soggetti obesi. Per i succitati motivi e per altre migliaia di motivi che potrei stufarvi nell'elencare (celiachia, interventi di by-pass gastrico, farmaci che riducono l’assorbimento di grassi, obesità, uso ed abuso di farmaci, allattamento e gravidanza, insufficienza epatica, sindrome nefrosica, insufficienza renale, deficit congeniti ed altri nomi di cose che non conosco) vi posso ufficialmente confermare che la Vitamina D è la più “sfigata” tra tutte le vitamine.
Quando possiamo parlare di carenza di vitamina D?

Published online 2013 Oct 8
Sebbene non esisti ancora un metodo standard per il dosaggio, la concentrazione sierica di 25(OH)D è ritenuta il miglior indicatore clinico della “riserva” di vitamina disponibile. In pratica è il numerino che trovate sulle analisi del sangue, tanto per capirci. Quello vi dice se siete carenti o meno di vitamina D. La definizione dei livelli normali di 25(OH)D si è profondamente modificata negli ultimi anni, e nonostante questo, molti specialisti sono ancora legati ai valori di soglia di 50 anni fa. Tralasciando studi, studioni e paroloni, in conclusione, come accennavo in precedenza, considerando che: i livelli di 25(OH)D auspicabili aumentano con l’età, lo stile di vita dell’Italiano medio (non G. Vacchi) è ostile alla vitamina D, l’apporto di calcio in genere è assai modesto, lo sport richiede per forza livelli di micronutrienti più elevati e l’intossicazione da vitamina D è piuttosto remota... per tutti questi motivi ed altri, appare ragionevole identificare la soglia del deficit vitaminico pari ad una concentrazione sierica di 25(OH)D inferiore a 75 nmol/l (30 ng/ml).
I range di riferimento relativi al 25(OH)D sono dunque quelli riportati da Holick.
Se non vi trovate con le unità di misura dopo i numerini, c’è un sito (http://unitslab.com/node/84) che potete utilizzare per convertire il valore delle vostre analisi con quello di riferimento succitato. Nella tabella/scala di Holick si definisce la carenza (deficit preoccupante) la concentrazione di 25(OH)D inferiore a 20 ng/ml (50 nmol/l); insufficienza (deficit sfumato, ma livello non ottimale) la concentrazione di 25(OH)D compresa tra 20-30 ng/ml (50-75 nmol/L); un eccesso, la concentrazione di 25(OH)D maggiore a 100 ng/ml (250 nmol/L) ed intossicazione un valore maggiore a 150 ng/ml (375 nmol/L). Sulla base dei dati, sembra che l’ intossicazione da D non si verifichi fino a quando i livelli ematici non superino i 150-200 ng/ml.
Chi si può definire carente di vitamina D?
Detto ciò, vi posso assicurare che l’insufficienza di vitamina D interessa la quasi totalità della popolazione anziana italiana (vuoi per la dieta povera di grassi “buoni” e ricca invece di carboidrati e grassi saturi, e vuoi anche per la scarsa ed inadeguata esposizione al sole). Inoltre, si è stimato che la carenza di vitamina D interessi quasi il 50% dei giovani (1 su 2), almeno nei mesi invernali. Se ci aggiungete lo stile di vita stressante e provante dell’atleta avete fatto tombola! La pianto d’annoiarvi, ma potrei veramente andare avanti all’infinito con le statistiche … Pare che l’86% delle donne sopra i 70 anni presenti livelli ematici di 25(OH)D inferiori a 10 alla fine dell’inverno; pare che la carenza di vitamina D sia quasi “endemica” tra i soggetti istituzionalizzati, sia per la scarsa esposizione solare che per gli squilibri dietetici. Come dicevo, il problema della carenza di vitamina D non è circoscritto solo agl’anziani. Uno studio volto a stabilire i valori di normalità dei marker del metabolismo minerale in soggetti giovani e sani ha dimostrato che la carenza di vitamina D interessava il 30 ed il 65% dei soggetti per cut-off di 25(OH)D <20 ng/ml o <30 ng/ml, rispettivamente. In America, dove il sole brilla meglio che da noi, se ne sono già "sbattuti" da un pezzo dell’RDA stabilendo l’ODA (Optimal Dietary/Daily Allowance) ovvero “il dosaggio giornaliero ottimale, a cui ci si dovrebbe attenere, non per prevenire le malattie dovute a carenze nutritive, bensì per salvaguardare un buon livello di salute e un efficiente sistema immunitario capace di resistere allo stress, all'inquinamento e ad alcuni tipi di sostanze tossiche presenti nell'aria o negli alimenti” (Wikipedia). L’ODA per la vitamina D è 1200 UI/die, ben 6 volte superiore al misero ed oramai sorpassato RDA … E per lo sportivo allora? … Non vi citerò altri nomi altisonanti per convincervi, io non sono qui per convincere nessuno, ma se siete arrivati fino qua vuol dire che forse non siete poi così tanto sicuri dei vostri livelli di 25(OH)D, e che forse il terrore di un presunta intossicazione vi ha ridotto quasi ad aver paura di prendere il sole. Per stimare un nuovo e più adeguato fabbisogno di vitamina D è necessario conoscerne a grandi linee quanto ne consuma il nostro corpo. Questa quantità è quasi impossibile da definire e quindi deve essere stimata, sulla base dei dosaggi necessari a raggiungere e mantenere efficienti i livelli di 25(OH)D elencati precedentemente. Sappiate comunque che in soggetti con carenza o insufficienza di vitamina D, e di conseguenza con un apporto dieta/sole molto basso, una dose giornaliera inferiore a 2000 UI non è in grado di consentire il raggiungimento dei livelli adeguati di 25(OH)D. Sulla base di dosaggi utilizzati in vari trial per il trattamento da osteoporosi, che prevedevano la somministrazione di vitamina D a pazienti con carenza od insufficienza, si è stimato che per raggiungere livelli di 25(OH)D pari o superiori a 75 nmol/l occorre assumere tra le 1.800 e le 4.000 UI di vitamina D al giorno.
Integrazione preventiva e fabbisogno giornaliero
Possiamo quindi ragionevolmente ipotizzare un fabbisogno medio giornaliero di vitamina D intorno a 1500-2300 UI, tenendo conto che esso può solo che aumentare, ad esempio con l’età e/o la massa corporea. Prima d’integrare è giusto dire però (come già detto … e come per tutto), che se l’apporto dietetico di vitamina D e l'esposizione alla luce solare sono adeguati, non serve l’integrazione poiché questi saranno i principali fattori che determinano il livello ottimale di 25(OH)D. Ripeto, come per tutto, s’integra al bisogno! Ma come vi ho già detto, il contributo della dieta ai livelli di 25(OH)D in Italia è considerevolmente inferiore rispetto ad esempio agli USA, sia per la tipologia della dieta (meno grassi animali), sia per l’infrequente addizionatura di vitamina D negli alimenti di uso comune. Molti prodotti da banco infatti, in USA, presentano aggiunte di vitamina D ed altri micronutrienti, forse per la presa di coscienza che la materia prima oggi non è la stessa di inizio ‘900. Nei secoli scorsi esporsi al sole durante i mesi estivi (quelli efficaci per la sintesi cutanea di vitamina D) era l’ineludibile necessità di una popolazione dedita prevalentemente ai lavori all’aria aperta. Oggi l’esposizione solare è per lo più voluttuaria e gradita solo da una parte dei giovani. La maggior parte della popolazione, particolarmente con l’avanzare dell’età, limita invece l’esposizione al sole ed utilizza sempre più spesso creme protettive, che riducono la fotosintesi della vitamina in discussione. Gli integratori in questo caso ci possono venire in aiuto. Generalmente la dose supplementare viene fornita giornalmente, ma in determinate cure sono stati somministrati anche boli settimanali, mensili o addirittura annuali (quest’ultimo sconsigliato, poiché controproducente). La maggior parte degli utilizzatori e anche recenti studi in merito concordano che la vitamina D dovrebbe essere disponibile su base giornaliera per garantire una circolazione e concentrazione stabile nell'organismo. Consci del fatto che non è possibile stimare con esattezza il fabbisogno precedentemente citato, dobbiamo anche dire che per ragioni economiche non possiamo effettuare le analisi del sangue ogni mese e quindi, per ovviare al problema della carenza di vitamina D alla cieca, possiamo dire che una supplementazione di 600-1000 UI/die appare accettabile per tutti, qualora non sussistano delle particolari controindicazioni o interazioni con altre cure farmacologiche in atto. Secondo le testimonianze e la letteratura scientifica i casi d'intossicazione da vitamina D (esempio l'ipercalcemia) iniziano ad essere tangibili solo a seguito di un'integrazione giornaliera di 6000 UI e devono tenere conto anche dell'apporto di calcio derivante dalla dieta. Io personalmente, da sportivo, vi posso dire che integro con costanza il completo fabbisogno giornaliero succitato di 1500-2300 UI per tutto l’anno, salvo i mesi prettamente estivi (luglio, agosto e settembre). Cerco come regola di mantenere sempre i miei livelli di 25(OH)D compresi tra 80 e 100 ng/ml. Non mi pongo il problema di quanto già assumo attraverso la dieta. Siate consci del fatto che, con una dose di 2,5 μg (100 UI/die), l’incremento medio varia da 2,75 nmol/l (1,1 ng/ml) per bassi livelli iniziali di 25(OH)D a 1,75 nmol/l (0,7 ng/ml) per livelli iniziali più elevati (quasi ottimali). Essere a rischio intossicazione nell’inverno italiano (nord Italia soprattutto) a mio avviso è veramente ridicolo. Secondo alcuni autori dosaggi fino a 2000 UI/die o, più recentemente, fino a 4.000 UI/die risultano del tutto sicuri dopo i 9 anni di età.
D’estate poi, cerco di seguire le linee guida che ci regala madre natura: una bella settimana/quindicina di giorni al mare e 20 minuti/die di vita all’aperto nel restante periodo estivo. Nell’adulto giovane è stato calcolato che un’esposizione estiva su ambedue le superfici del corpo della durata di 20-30 minuti/die nelle ore centrali della giornata equivale ad un apporto di 10000-20000 UI di vitamina D. Secondo altre valutazioni una dose di 20000 UI equivarrebbe invece all'esposizione di una MED (MED: minima dose eritematogena) che corrisponde a 16-24 ore di sole in costume da bagno. L'esposizione di braccia e gambe a 0.5 MED equivale all'ingestione di ca. 3000 UI di vitamina D3… insomma, non conosco alle perfezione queste proporzioni, ma di certo sono €uro d’integratori risparmiati!
... ultime precisazioni ...
La stragrande maggioranza delle lampade solari emette principalmente raggi UV-A NON adatti alla produzione di vitamina D.
Un valido alleato nell'integrazione di vitamina D3 è la vitamina K2 MK7 (la forma più attiva, biodisponibile e duratura). Per ogni 5000-10000 UI di D3 si consigliano 100 mcg di K2 MK7 (rapporto 10:1 fino a 10000 UI) per essere sicuri e prevenire ogni qualsivoglia possibile effetto collaterale indotto dall'intossicazione di vitamina D.
--- Riferimenti ---
Tratto da: “Linee guida su prevenzione e trattamento dell’ipovitaminosi D con colecalciferolo Guidelines on prevention and treatment of vitamin D deficiency.”
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