Bodybuilding: passione o patologia?
Spesso chi non si è mai affacciato al mondo del fitness o del bodybuilding tende a fare di tutta l’erba un fascio, generalizzando e dicendo che “sono tutti fissati”, “non vivono al di fuori della palestra”, “sono degli egocentrici che amano follemente il proprio corpo” e via dicendo.
Sono certa che molti tra i lettori mi aiuterebbero a collezionare i commenti più originali e fantasiosi al riguardo 🙂
Spesso, tra questi commenti, viene erroneamente citato il termine “vigoressia”, un tema a cui mi sono interessata di recente e che a mio avviso spesso viene trattato in maniera superficiale.
I commenti appena citati che tutti conosciamo, in un modo o nell’altro, sono in primis superficiali, giudicanti e generalizzanti. In secondo luogo, non distinguono tra sana passione per il fitness e per il bodybuilding, da un lato, e vigoressia (e altri disturbi), dall’altro.
In questo articolo cercherò di fornire una breve panoramica sull’argomento, cercando di chiarirne gli aspetti fondamentali.
La vigoressia, o bigoressia (dall’inglese “big”), oppure ancora dismorfia muscolare, è una condizione patologica che viene spesso definita come una sorta di anoressia inversa. Fondamentalmente, ciò che accomuna queste due condizioni consiste in una alterata percezione del proprio corpo, ma a differenza dell’anoressia, in cui la persona si vede sempre troppo grassa, nella vigoressia si vede sempre troppo poco “grossa” e muscolosa. Questo porta con sé una forte insoddisfazione e vergogna per il proprio corpo, cosa che condiziona fortemente l’autostima della persona.
Fermiamoci subito per chiarire un concetto: questo non significa che chi è insoddisfatto del proprio corpo e si vede troppo poco muscoloso è necessariamente affetto da vigoressia.
La vigoressia è una condizione che riguarda più livelli:
- il modo in cui la persona pensa e si percepisce (non essere mai abbastanza muscoloso, con la conseguente spinta a voler incrementare la propria massa e fare ripetutamente dei “check” corporei allo specchio)
- il modo in cui la persona si comporta (esercizio eccessivo, alimentazione estremamente rigida, uso di sostanze dopanti, perseverare negli allenamenti nonostante la presenza di infortuni…)
- l’impatto che questi aspetti hanno sulla vita della persona (restrizione significativa nelle attività sociali e lavorative)
Si può parlare di vigoressia solo quando la persona avverte disagio a seguito degli aspetti appena elencati (c’è quindi sofferenza da parte del soggetto), o quando c’è una compromissione della vita della persona a livello affettivo (amicizie, famiglia) o lavorativo (svolgere una professione).
Nessuno dei singoli aspetti citati (es. fare uso di sostanze dopanti) da solo, di per sé, è indice di vigoressia.
Massa muscolare: "LA" priorità
Quando è presente, la vigoressia è una occupazione a tempo pieno. Il pensiero del proprio corpo, e dell’immagine insoddisfacente del proprio corpo, è costantemente presente, esattamente come nell’anoressia e nella bulimia. La spinta ad incrementare la massa muscolare, è sempre LA priorità, su TUTTO. La persona che inizia a soffrirne lascia il lavoro, perde gli amici, perde la famiglia, vive solo ed esclusivamente per guadagnare una forma corporea desiderata che mai arriverà, in quanto la forma attuale è sempre percepita in modo alterato.
Chi soffre di vigoressia chiede agli altri come appare la propria forma fisica, non perché voglia essere lodato, ma perché si vede sinceramente troppo magro.
Probabilmente tra i lettori di questo articolo ci sarà prima o poi qualche persona affetta da vigoressia. E’ opportuno sapere che, come nell’anoressia, in moltissimi casi essa è ego-sintonica, ovvero non viene avvertita come un problema. Le persone che ne soffrono pensano che le condotte che mettono in atto rappresentino la soluzione ad un problema, quello della loro insoddisfacente forma fisica. Nella maggior parte dei casi, chi ne soffre eviterà di chiedere aiuto, a differenza dei familiari e degli amici che esprimeranno preoccupazione e sconcerto (o per l’abbandono del lavoro, o perché ci saranno problemi di salute legati ad allenamenti in presenza di infortuni, uso inadeguato di sostanze dopanti etc.).
Disagio e compromissione del proprio funzionamento
A questo punto molti diranno: che problema c’è se una persona vive per migliorare la propria forma fisica? Il problema è per la persona che vive questa condizione, che non solo tendenzialmente sarà sempre infelice perché incastrata nell’insoddisfazione perenne per il proprio corpo, ma accecata da quest’ultima sarà disposta a tutto per esso, rinunciando ad una carriera lavorativa, rinunciando agli studi, rinunciando ad una famiglia, rinunciando persino alla propria salute fisica e creando infelicità e preoccupazione anche nei propri affetti.
Distinguere la "passione" dalla vigoressia
Quello che fa la differenza, per dirla in termini semplici, sono le intenzioni. Se un atleta si allena in vista di una gara, con un programma di allenamento individuato da un preparatore, è chiaro che sarà tenuto ad una quota di esercizio fisico elevato e ad una alimentazione rigida senza sgarri (cosa in comune con la vigoressia). Ma se dopo la gara l’atleta non potrà resistere ad allenarsi a pieno regime fin da subito, senza un obiettivo specifico, spinto dall’ansia di fermarsi o spaventato dal prendere peso, allora probabilmente si avvicinerà di più al versante della vigoressia. Chi ne soffre, dopo una gara, può fare esperienza delle cosiddette “compulsioni da esercizio”. Le compulsioni sono comportamenti mentali o fisici ripetitivi che hanno la finalità di alleviare l’ansia, e vengono applicate secondo regole molto rigide. Se l’atleta in questione, dopo la gara, avverte l’ansia di poter perdere la forma, di mettere su peso, cederà assolutamente allenandosi, al fine di alleviare quest’ansia, entrando nel circolo vizioso “ansia-allenamento-ansia-allenamento”. Se la tua routine di allenamenti è impostata in questo modo, potresti avere un problema.
L’atleta appassionato in maniera sana, inserisce o riesce a rispettare il riposo nella propria preparazione, consapevole che anche esso è funzionale al mantenimento di una condizione fisica ottimale (oltre che della salute). Chi invece è affetto da vigoressia spesso lo limita per l’ansia di peggiorare il proprio stato fisico. Tipico è il caso di chi, essendosi infortunato, continua imperterrito ad allenarsi per alleviare l’ansia sopra-citata, senza considerare che probabilmente sta peggiorando la propria condizione fisica.
L'argomento è vasto e delicato, e spesso le condizioni che si incontrano nella vita reale sono più sfumate di quanto descritto. Se avete dubbi sulla vostra condizione di salute o su quella di un/una vostro/a amico/a, rivolgetevi ad uno psicologo: vi fornirà informazioni più specifiche e dettagliate al riguardo.
Elena Cernuschi – Psicologa dello Sport
J. Morgan (2008). The Invisible Man: a self-guide for men with eating disorders, compulsive exercise and bigorexia
Dalla Ragione, L. & Scopetta, M. (2009). Giganti d’argilla. I disturbi alimentari maschili.
Ferrari, E. & Ruberto, M.G., (2012), La bigoressia o dismorfia muscolare: una nuova patologia emergente
Velea, D. (2016). Bigoressia: quando lo sport dà dipendenza. Psicologia contemporanea, 253: 40-43.
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