SQUAT: QUALI MUSCOLI ATTIVIAMO?
Premessa
Questa non è una guida su come eseguire uno squat. Sì, potrete trovare qualche spunto, ma sappiate che quanto scritto in seguito ha solo lo scopo di far chiarezza su cosa accade al nostro corpo a seconda del genere di squat!
Metto subito in chiaro il fatto che in questo articolo parleremo ESCLUSIVAMENTE di squat in senso stretto, niente a che vedere con squat al multipower, presse o affondi di vario genere!
Ho diviso l’articolo in DUE PARTI; la seconda, uscirà successivamente! Trovate alla fine di cosa parlerà la seconda parte!
L’articolo non è proprio breve, ma sono sicuro che una volta finito, avrete le idee molto più chiare e potrete finalmente mettervi l’anima in pace per molti aspetti!
Squat: è sempre uguale?
È luogo comune ormai riconoscere lo squat come un esercizio per gli arti inferiori.
Già su questa affermazione potremmo aprire una discussione, ma soffermiamoci soltanto a tale frase.
Abbiamo detto che serve per gli arti inferiori: si, ma come?
Vediamo forse eseguire lo stesso genere di squat da parte di tutti i generi di atleti (dal fitness al powerlifting, dal bodybuilding al weightlifting)? Ovviamente no.
Se ci guardassimo attorno, entrando anche nel merito delle varie discipline, noteremmo molte discrepanze e davvero molte differenziazioni per quanto riguarda questo esercizio multiarticolare.
Lo squat è noto anche come uno dei “fondamentali”, oppure uno dei tre “big” (stacco, panca e, appunto, lo squat).
Troveremo chi scende di più, chi scende meno, chi divarica maggiormente le gambe, chi angola diversamente i piedi e chi più ne ha più ne metta.
La tecnica varia al variare della disciplina di cui si parla, ma non solo, difatti notiamo anche squat individualmente diversi, che seguono quindi altri parametri, quali: lunghezza degli arti, utilizzo di una catena cinetica piuttosto che un’altra, la tecnica appresa, una certa tecnica di intensità atta a colpire uno specifico muscolo oppure l’obbiettivo dell’atleta.
È proprio su quest’ultimo che mi vorrei soffermare e porre la vostra attenzione.
Che obbiettivo abbiamo squattando? Perché squattiamo in una determinata maniera piuttosto che in un’altra? Cos’è che ricerchiamo eseguendo uno squat? Vediamo di far chiarezza per quanto possibile.
Le domande frequenti in palestra
Spesso, soprattutto in ambito fitness, gli istruttori si cimentano nell’insegnamento dello squat dando questo esercizio per scontato, come se fosse chiaro che esista un’esecuzione universale, alla quale chiunque saprebbe approcciarsi ed ottenere medesimi guadagni in termini di ipertrofia e forza.
Come ho detto in precedenza, però, esistono diverse tipologie di squat; di conseguenza, possiamo intuire che squat diversi producono anche stimoli diversi e diverse attivazioni muscolari.
Rimanendo sempre in ambito fitness, quante volte sentiamo le parole “Lo squat su di me “non funziona””, o “Sento solo i quadricipiti”?
Per quanto concerne le domande più note, e in particolar modo in ambito femminile, siamo soliti sentir chiedere “Ma se voglio “sentire” il gluteo, come devo eseguire lo squat?”, “Come mai sento solo i quadricipiti?”.
Tutte quante queste domande hanno alla base, l’obbiettivo che si pongono le persone.
Proviamo a rispondere a tutte queste domande ricollegandoci in modo generico all’equazione “squat diversi = diversi risultati”.
Esatto, se non lo avete capito, dal mio punto di vista la chiave di volta di tutto l’argomento consiste in “COME” lo si esegue, uno squat. Risiede in questa parola gran parte della soluzione.
Prima di iniziare a scardinare alcuni falsi miti o ad esprimere sia oggettività scientifiche sia pareri personali circa l’argomento, mi piacerebbe fare un’ulteriore premessa: esiste la soggettività, e sarà un punto su cui andrò a focalizzarmi nella seconda parte di questo articolo.
Lo avrete sentito spesso, ma è bene ribadire che NON SIAMO TUTTI UGUALI, perciò quanto segue dovrà essere ADATTATO e CUCITO SULLA PERSONA, sulla base delle sensazioni e del grado di allenamento del soggetto.
L’attivazione muscolare e la distanza tra gli arti inferiori
Partendo da una delle variabili che più facilmente notiamo, possiamo dire che in genere l’apertura delle gambe e quindi la distanza tra i piedi, possa giocare un ruolo fondamentale.
Inoltre secondo molteplici test, la posizione dei piedi influirebbe, e non poco, nell’attivazione muscolare.
Una variante dello squat, conosciuta comunemente come SUMO SQUAT (o squat sumo in italiano), consiste proprio nell’effettuare medesimo esercizio divaricando maggiormente le gambe.
Ma perché questo esercizio esiste?
Ragionando in termini più restrittivi, potremmo considerare lo squat sumo semplicemente come uno squat “modificato”.
È evidente che cambiare la distanza tra gli arti inferiori possa cambiare qualcosa, sia al livello di attivazione muscolare sia di sviluppo ipertrofico.
Il dubbio che sorge è: QUANTO dovrebbe essere la distanza tra i piedi, per considerarsi ancora uno squat piuttosto che uno squat sumo? Qua entra in gioco anche la soggettività.
Una posizione delle gambe più divaricata, consentirebbe di utilizzare allo stesso modo il quadricipite e gli ischiocrurali, ma andrebbe ad intaccare in maggior maniera la componente adduttoria (grande, breve e lungo adduttore e muscolo gracile) ma soprattutto l’attivazione dei glutei.
Man mano che si divarica, il grado di attivazione dei muscoli glutei (grande, medio e piccolo gluteo) aumenta.

Numeri alla mano, secondo vari studi (effettuati da McCaw e Melrose, Paoli, Ninos ed Escamilla), un’ampiezza di circa 1/3 in più rispetto a quella delle spalle (il 140%), consentirebbe una massima attivazione del gluteo; infatti essendo questo uno dei principali estensori della coscia sul bacino [difatti, prende origine dalle ossa di quest’ultimo sino ad inserirsi sull’epifisi prossimale del femore] una divaricazione simile consentirebbe a questo muscolo già un pre-allungamento nella partenza, che diviene massimo al termine della fase eccentrica.
Secondo ulteriori studi (Paoli) un’ampiezza ancor maggiore, ovvero di circa due volte quella del bacino, favorirebbe un’attivazione ancor maggiore del grande gluteo. Anche in questo caso, rimarrebbe invariata l’attivazione degli estensori e flessori del ginocchio (rispettivamente i muscoli anteriori e posteriori della coscia). Questi studi, sono stati effettuati utilizzando il 70% dell’1RM e senza sovraccarico.
Cosa accade se adottiamo un’ampiezza inferiore a quella delle spalle?

Sempre secondo studi (Escamilla insieme ad altri ricercatori), una divaricazione inferiore rispetto all’ampiezza delle spalle, attiverebbe maggiormente il gastrocnemio (comunemente noto come “polpaccio”), di circa il 21%; questo avviene probabilmente per il grado di inclinazione della tibia, che risulta essere maggiore in questa posizione, allungando maggiormente questo muscolo.
In questa posizione chiaramente il gluteo risulterà meno allungato, ed ecco spiegato il perché spesso e volentieri, gli atleti che effettuano questo squat dichiarino di avvertire un maggior lavoro a carico del quadricipite, quando in realtà, è il gluteo a lavorare meno.
In maniera più specifica per quanto riguarda i diversi capi del quadricipite (che dovrà esser ribattezzato “pentacipite” visto che dei ricercatori svizzeri ne avrebbero scoperto uno in più, analizzando dei cadaveri), sempre secondo studi (Paoli, 2009), non vi sarebbero grandi differenze nell’attivazione del vasto mediale o del vasto laterale modificando la distanza tra piedi.
Tornando invece sulla logica di uno squat classico (approssimativamente con apertura dei piedi di poco maggiore quella delle spalle, come sotto in foto), altri test EMG (Paoli,McCaw e Melrose) hanno dimostrato che in uno squat i distretti muscolari estensori delle ginocchia (quadricipiti) si attivano mediamente di più rispetto ai muscoli flessori (dunque gli ischiocrurali) e ai glutei.

È bene precisare che secondo altri studi (Signorile, 1995), l’angolazione di rotazione del piede risulterebbe ininfluente sull’attivazione muscolare.
Detto ciò, sarà proficuo rispettare l’angolazione standard dei piedi, con le punte leggermente rivolte verso l’esterno (sui 10-15° per l’esattezza), soprattutto in termini di prevenzione da infortuni!
Sintetizzando, possiamo dire che per quanto riguarda i quadricipiti o gli ischiocrurali, la distanza tra i piedi non giocherebbe un ruolo principale, ma sarebbero altri i fattori a determinarne più o meno l’attivazione (descritti nei prossimi paragrafi). Al contrario, nel caso dei glutei.
Ma esistono altre maniere per cercare di lavorare più specificatamente un distretto muscolare?
L’attivazione muscolare nello squat in relazione alla profondità del gesto
È evidente che uno squat al parallelo ("Half Squat", con femore parallelo al terreno) sia diverso da uno squat con ROM (Range of Motion) completo ("Full Squat"), ma non soltanto visivamente.
Basterebbe provarlo per rendersi conto delle differenze: con un movimento completo, la lunghezza del movimento raddoppia e questo può farci perdere dischi sul bilanciere, ma come ben sappiamo il carico sul bilanciere non è l’unico parametro che influisce sullo sviluppo muscolare.
Anzi, quando si tratta di percepire attivazione muscolare, il modo di "squattare" cambia del tutto.
Come accennato nel precedente paragrafo, diversi tipi di squat generano diverse sensazioni di lavoro muscolare.
Se vogliamo concentrarci maggiormente sullo sviluppo del quadricipite, diversi studi confermano come una discesa sotto il parallelo sia superflua; infatti, quest’ultimo muscolo raggiungerebbe il suo massimo grado di attivazione proprio all’altezza del parallelo, cioè con una flessione del ginocchio non oltre i 90°.
Sarebbe inutile spingersi oltre se il nostro scopo è ipertrofizzarlo.

Ma quindi che succede se scendiamo sotto il parallelo?
Il quadricipite né si allunga, né si accorcia più.
A cambiare è perciò un altro muscolo e le donne che stanno leggendo questo articolo dovrebbero porre maggior attenzione: il gluteo.
Questo muscolo si allungherà maggiormente in questa fase, consentendo all’anca di aumentare i suoi gradi di flessione.

L’utente medio effettua raramente squat sotto il parallelo, un po’ per timore, un po’ per falsi miti secondo cui il ROM nello squat finirebbe al parallelo, un po’ per la poca mobilità articolare, un po’ per la paura di scendere o di infortunarsi.
Sappiamo tutti che uno squat al parallelo è più facile, ma da quando in qua si ottiene un buon risultato senza impegnarsi troppo? Vi è uno studio condotto nel 2002, che dimostrerebbe come l’attività sui muscoli glutei aumenterebbe man mano che scendiamo sotto il parallelo.
Al contrario, un altro studio, effettuato più recentemente (2015), dimostrerebbe come non vi siano grandi differenze nell’attivazione muscolare del gluteo rispetto agli altri muscoli aumentando la profondità del nostro squat.
Quest’ultimo confuterebbe il risultato ottenuto nel primo studio.
In questo caso ci troviamo di fronte a un bivio e per superare le conseguenti incertezze, propongo un metodo che l’uomo non finirà mai di usare: l’esperienza.
Provate ad effettuare uno squat come si deve e a scendere sotto il parallelo, provando le diverse gradazioni e inserendo un fermo isometrico alla fine dell’eccentrica. Dopodiché, valutate!
Nota:
Una carenza di forza della catena posteriore o dei muscoli adduttori dell’anca (un gran numero di muscoli) può rappresentare un problema nell’effettuare un full squat.
Dopo un lavoro propedeutico (che può richiedere anche ANNI), se ancora non riuscirete a scendere, vi consiglio caldamente di prendere in considerazione l’idea di comprare delle scarpe a suola piatta con un rialzo sotto il tallone. Ce ne sono di vari tipi in commercio, con differenti spessori.
Per quanto riguarda i muscoli posteriori della coscia, quindi i flessori delle ginocchia (muscoli ischiocrurali), che eseguono una contrazione sinergica a quella del quadricipite, possiamo dire che la discesa giochi un ruolo decisivo nella loro attivazione sino a poco sopra il parallelo (massima attivazione circa a 70°) ma non oltre.
Sarebbe anche in questo caso inutile scendere maggiormente per ipertrofizzare questo gruppo muscolare.
Sempre per quanto riguarda la ricerca di un differente sviluppo nei vari capi del quadricipite, gli studi dimostrano come la profondità dello squat non cambi significativamente le differenze di attivazione dei vari vasti. Infatti, tutti i capi raggiungerebbero la loro massima attivazione anche con uno squat al parallelo (Escamilla et al., 2001).
L’ attivazione muscolare nello squat in relazione al posizionamento del bilanciere
Altro parametro da tenere in considerazione, è il posizionamento del bilanciere.
Andando dritti al sodo, possiamo individuare 3 tipologie principali di squat: il back squat HIGH bar, il back squat LOW bar e il FRONT squat.
Vorrei partire proprio analizzando quest’ultima tipologia.
1) Il front squat (“squat frontale”, classico di weightlifters e crossfitters) si presta benissimo come esercizio per l’ipertrofia del quadricipite in tutti i suoi capi, ma anche per quella del gluteo (sempre secondo la logica del paragrafo precedente) seppur in maniera inferiore.

Rispetto al back squat, questa tipologia prevede appunto di poggiare il bilanciere su clavicole e deltoidi, spostando il punto in cui grava il carico.
La conseguenza principale di questa posizione è consentire al rachide di rimanere molto più perpendicolare rispetto al terreno; proprio grazie a ciò, l’attivazione del quadricipite è elevata, mentre quella del gluteo inferiore (proprio perché non vi è inclinazione del rachide).
L’attività dei muscoli ischiocrurali, è molto inferiore rispetto al back squat, per i suddetti motivi.
2) Parlando invece del back squat (“squat dietro”, sempre eseguito da weightlifters e crossfitters, ma talvolta anche da powerlifters a seconda delle preferenze), partirei analizzando il back squat high bar (“barra alta”).

In questo caso, l’assetto, essendo il bilanciere posizionato sui trapezi, avrà affinità col front squat, anche se chiaramente la colonna tenderà a flettersi leggermente più in avanti, allungando maggiormente i glutei e gli ischiocrurali rispetto al front.
Al contempo, il quadricipite subirà un buon allungamento e si attiverà comunque egregiamente.
Secondo ciò, potremmo definire il back squat con high bar, il giusto compromesso per l’attivazione muscolare di tutti i gruppi in maniera proporzionale.
3) Rimane l’ultima tipologia, ovvero il back squat low bar (“barra bassa”).

Questa tipologia è utilizzata soprattutto nell’ambito del powerlifting, con una stance più larga (piedi più distanti, simili ad uno squat sumo); permetterebbe infatti un miglior reclutamento della catena cinetica posteriore (lombare, gluteo, femorale) che in abbinamento ad una stance di questo tipo, limiterebbe il movimento e consentirebbe di alzare carichi maggiori (vi ricordo che è lo scopo primario di un powerlifter, visto che con lo squat è solito gareggiarci).
Porre il bilanciere così in basso, più o meno sopra i fasci posteriori del deltoide, avrebbe poi tutta una serie di ripercussioni: a fine eccentrica, avremo una maggior acutezza dell’angolo che sta tra colonna e femore, minor avanzamento delle ginocchia oltre la punta dei piedi, considerando che sarà il sedere a porsi più indietro grazie alla forte inclinazione del rachide.
La conseguenza di questa posizione, muscolarmente parlando, saranno le attivazioni differenti rispetto alle due precedenti tipologie di squat.
Infatti, una colonna così inclinata consentirebbe un maggior allungamento degli ischiocrurali, un maggior coinvolgimento dei muscoli della parte lombare della schiena (erettori spinali) e infine una buona attivazione del gluteo, che coopera nello sfruttamento della catena cinetica posteriore.
Il quadricipite sarà comunque attivo e parteciperà attivamente alla contrazione in sinergia con gli altri muscoli, anche se non sarà il muscolo principalmente coinvolto.

Visto di profilo, il movimento di uno squat low bar sarà molto più simile ad uno stacco, consiglio pertanto ai più esperti un’esecuzione simile.
Consiglio personale: se proprio intendete potenziare i muscoli posteriori della coscia, i glutei e la parte lombare, spendete prima molto tempo per imparare la tecnica di questo tipo di squat, dopo esser passati quantomeno dal back squat con high bar.
Un po’ di esperienza personale

Che dire? Amo molto lo squat. Lo trovo più come una dimostrazione di forza che un banale esercizio.
Personalmente lo faccio eseguire a qualsiasi tipo di atleta segua, inserendolo nelle programmazioni sia come fondamentale per lo sviluppo della forza, sia come esercizio in grado di offrire seri vantaggi in termini di ipertrofia, talvolta applicando tutte quante le logiche che ho voluto descrivere con questo articolo.
Altro tips: nessuno vi vieta di "fondere" le varie modalità di esecuzione.
Per esempio, potreste provare un front squat con i piedi molto divaricati, così come uno squat al parallelo low bar e verificare le tipologie di sensazioni che ne derivano.
Nessun limite!
Nelle mie routine è un esercizio ormai immancabile, da anni.
Adotto per la prevalenza squat con bilanciere posizionato sui trapezi, quindi in stile stile “high bar” (come nella foto sopra), perché ritengo sia per me un posizionamento che mi consente di lavorare gli arti inferiori omogeneamente ed esprimere anche più forza.
Chiaramente, non mi faccio mancare periodi in low bar così come un po’ di front squat, e, quest’ultimo, inserendolo come complementare per i quadricipiti, senza forzar troppo la discesa!
Come ultimo consiglio, vorrei suggerire ai miei lettori di imparare a scendere sotto il parallelo, non solo per apprendere un gesto più complesso, ma anche per la ricerca di una completa ipertrofia su glutei e cosce.
Di cosa vi parlerò nella SECONDA parte di questo articolo
Fatto 30 facciamo 31!
Questi sono i punti che andremo ad analizzare per quanto concerne l’attivazione muscolare nello squat, a seconda dei propri obbiettivi:
- Differenze di attivazione muscolare nello squat a seconda della propria struttura anatomica
- Differenze di attivazione muscolare nello squat a seconda della percentuale di carico
- Metodi per spostare il focus del lavoro sul muscolo target
- Differenze di attivazione muscolare nello squat a seconda del livello di atletismo del soggetto
- Sintesi generale
Ci rivediamo nel prossimo articolo! 😆
AUTORE:
Jonathan Noccioli – Studente in Scienze Motorie e Sportive
Collaboratore del gruppo POWERBUILDING – SIZE AND STRENGHT
Pagina Instagram: https://www.instagram.com/jonnynoccio/
RIFERIMENTI SCIENTIFICI:
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12173958
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19130646
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10188748
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4541110/
- https://journals.lww.com/nsca-jscr/abstract/1994/08000/an_electromyographical_comparison_of_the_squat_and.9.aspx
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8827313
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3588673/#b26-jhk-33-5
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9934418/
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11528346
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