Lo stacco da terra: come cambia a seconda del soggetto e spunti pratici
Come abbiamo fatto in precedenza per quanto riguardava lo squat, in questo articolo approfondiremo uno degli esercizi fondamentali nello sviluppo muscolare e la forza in generale: lo stacco da terra.
Premessa: anche questo articolo non avrà il fine di spiegare come effettuare questo esercizio fondamentale! Se volete imparare come effettuarlo od essere seguiti, vi consiglio di affidarvi a un buon coach/personal trainer.
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Lo stacco da terra è un esercizio per tutti?
Partiamo subito nel rispondere a questa domanda: la risposta è NO, semplicemente per il fatto che stiamo parlando di un esercizio che non è soltanto complesso dal punto di vista coordinativo, ma anche per altri i fattori che vanno ad incidere sulla difficoltà d'esecuzione di questo esercizio, come la flessibilità e la mobilità articolare, la presenza o meno di problemi alla colonna vertebrale o alla muscolatura della schiena ecc..
Passando quindi da una verifica dei "requisiti minimi" per effettuare questo esercizio, possiamo analizzare quale sarà la modalità di esecuzione più adatta alla nostra conformazione fisica e ai nostri obbiettivi.
Serve “per la schiena”? O “per le gambe”?
Classica domanda. Spesso e volentieri l’utente medio è solito dividere la propria programmazione per gruppi muscolari, quali saranno colpiti una o più volte a settimana (a seconda del tipo di allenamento); da qui nasce la necessità di capire dove inserire lo stacco da terra , o meglio, assieme a quali gruppi muscolari.
Ebbene, possiamo dire che lo stacco da terra sia uno di quegli esercizi (se non "l’esercizio") che ci consenta di sollevare carichi molto importanti. Questo è dovuto alla caratteristica dello stacco di essere un esercizio multi-articolare; sono infatti interessate molte articolazioni, quali la coxo-femorale (anca), la caviglia, il ginocchio e in parte anche la gleno-omerale (omero e scapola).
Le escursioni articolari sono consentite chiaramente dall'impiego di numerose (grandi e piccole) masse muscolari.
Menzionandone alcune: quadricipiti, ischiocrurali, glutei, erettori spinali, gran dorsale, trapezio, muscoli dell’addome ma anche gastrocnemio e talvolta gli adduttori della coscia, per non parlare dei muscoli dell'avambraccio.
Tornando alla domanda,dunque, possiamo adesso dedurre come la risposta sia semplicemente banale: lo stacco si abbina con tutto!
Ma questo non significa che non vi siano differenti percentuali di carico interno relativo ai muscoli interessati!
Con carico interno, si intendono i kg di peso sollevati (rispetto a quelli totali) relativi ad uno specifico muscolo.
Banalizzando il concetto: con 100kg, se 60kg sono a carico del muscolo X, significa che tutti gli altri muscoli coinvolti in quell'esercizio si starando dividendo i restanti 40kg.
Pertanto, il carico interno relativo al muscolo "X" sarà il 60% del carico assoluto (ovvero il carico complessivo sollevato, i nostri 100kg).
La lunghezza delle ossa e il carico interno
Assodata una tecnica di esecuzione sufficientemente buona (che non smette mai di essere migliorabile), anche nel caso dello stacco, possiamo stabilire come le proporzioni corporee influenzino in maniera differente le masse muscolari.
Nello stacco, i parametri che influenzano la riuscita dell’esecuzione così come il coinvolgimento muscolare, sono circa 3: lunghezza degli arti inferiori, lunghezza degli arti superiori, lunghezza del busto.
Al variare di uno solo dei parametri in relazione agli altri, varia il genere di esecuzione e come viene spartito il carico interno nei muscoli.
Mediamente, l’atleta più “adatto” allo stacco convenzionale, necessita di coinvolgere il meno possibile la muscolatura degli erettori spinali e utilizzare maggiormente le gambe, e per fare questo è importante che la colonna risulti il meno parallela possibile al pavimento.
La schiena, tendenzialmente, sarà meno parallela rispetto al pavimento nel caso in cui braccia e le spalle dell'atleta avranno una lunghezza e una mobilità tale da consentire a quest'ultimo di raggiungere il bilanciere in anticipo.
Ma non solo: anche la lunghezza degli arti inferiori dovrà consentire di non allontanare troppo il bacino dalla linea del bilanciere.
Qualora questi fossero relativamente lunghi, la maggior distanza tra bacino e bilanciere farà sì che anche le spalle si portino verso il basso, aumentando il grado di lavoro degli erettori spinali (quadrato dei lombi, lunghissimo della schiena, ileocostale ecc..) per la conseguente flessione del tronco.
Ecco quindi perché anche le gambe dovranno avere una lunghezza adatta a mantenere la posizione della colonna il più verticale possibile.
In tutti i casi differenti da questo, nel quale invece il reclutamento muscolare è pressoché equo e dove non abbiamo differenze significative tra gruppi muscolari, i carichi interni saranno diversamente distribuiti.

- Nel caso di un soggetto con medesime caratteristiche, ma con una lunghezza maggiore degli arti inferiori (il mio caso), l’alzata sarà non solo più complessa, ma presenterà delle differenze in termini biomeccanici, quali una schiena protesa in avanti, con le spalle più vicine al bilanciere ed oltre la sua linea.
In questo caso, il braccio di leva sarà maggiore e il carico che ricadrà sui muscoli erettori spinali sarà altrettanto, proprio come detto in precedenza.Risulterà più difficile mantenere la lordosi lombare ad alte percentuali di carico di lavoro; sarà necessario avere un’ottima forza a livello dei muscoli lombari per preservare la tecnica e la postura, scongiurando anche il rischio infortuni.
I muscoli glutei subiranno un discreto allungamento, che assieme ai muscoli ischiocrurali (i flessori della gamba sulla coscia) avranno il compito di erigere il busto ed estendere l’anca.
Verrà meno il lavoro del quadricipite femorale, che comunque sarà coinvolto e consentirà di estendere la gamba in fase di spinta. - Analizzando il caso di un soggetto con femori corti, la tendenza sarebbe quella di "squattare" maggiormente lo stacco da terra, visto che il bacino risulterà più vicino al bilanciere.
In questo caso, i muscoli quadricipiti e trapezi subiranno un discreto carico interno. - Nel caso di soggetti con braccia relativamente corte oppure il busto relativamente lungo rispetto a braccia e gambe, le spalle dovranno ancora cadere in avanti e il tronco dovrà flettersi, per consentire alla mano di raggiungere il bilanciere.
Anche in questo caso colpiremo maggiormente gli ischiocrurali, che subiranno un forte allungamento, e i glutei.Per assicurare la stabilità della colonna (che sarà quasi parallela al pavimento) e consentire il sollevamento ma ,soprattutto, la tenuta del bilanciere, in questo caso i muscoli del tronco maggiormente coinvolti saranno il gran dorsale, (infatti la spalla risulterà più estesa, per andare a prendere il bilanciere), gli adduttori delle scapole (cioè romboide maggiore e minore, trapezio nei fasci inferiori) e il grande rotondo.
Varianti di stacco da terra per fini estetici e prestativi
Esistono varie soluzioni che permettono all’atleta di migliorare la propria esecuzione e performance, oppure, se il nostro obbiettivo è l’ipertrofia specifica, cercare di ridistribuire il carico interno a nostro piacimento e colpire i muscoli che ci interessano.
1. STACCO SUMO
Solitamente, l’esecuzione dello stacco sumo, consente ad un soggetto con gambe relativamente lunghe o braccia relativamente corte, di avvicinare il bacino al bilanciere; la colonna vertebrale risulterà quindi più inclinata e più verticale rispetto al terreno, riducendo il lavoro dei muscoli erettori spinali ed affidando più carico ai muscoli degli arti inferiori , di cui in particolar modo il gluteo, che risulterà più allungato per la posizione di partenza con femore ampiamente abdotto; anche il trapezio (medio e superiore) sarà particolarmente sollecitato.
Anche il quadricipite sarà maggiormente allungato e sollecitato rispetto al convenzionale, infatti il ginocchio risulterà maggiormente flesso nella fase di partenza. Gli studi dimostrano inoltre che nello stacco sumo, il vasto laterale sarà il vasto più coinvolto.
Anche il tibiale anteriore, sempre secondo studi con EMG, risulta più coinvolto rispetto allo stacco convenzionale.
Lo stacco sumo si presta generalmente bene in soggetti con gambe lunghe o busto lungo, per i quali sarà difficile mantenere la colonna stabile ed eretta.
2. STACCO SUMO EXTRA WIDE
Esistono ovviamente infinite varianti dello stacco sumo per quanto riguarda la distanza tra i piedi: si parla anche di stacco sumo extra wide, quando le punte dei piedi arrivano quasi a toccare i dischi e dove le linea delle tibie risultino incidenti rispetto al pavimento.
Consiglio questa variante a soggetti dotati di braccia abbastanza corte o con un busto relativamente corto rispetto agli arti inferiori.
Altresì, adatto a tutte quelle persone che abbiano come scopo quello di incrementare il lavoro sui glutei, vista la forte abduzione d’omero, oppure quello di potenziare la componente adduttoria della coscia (grande, piccolo e medio adduttore).
3. NARROW STANCE SUMO
Altra opzione: il narrow stance sumo, ovvero uno stacco sumo contrario all'extra wide, nel quale la distanza tra i piedi sarà ridotta al minimo, pur chiaramente mantenendo le braccia tra le gambe.
L’angolo di flessione del ginocchio nella partenza sarà di massimo 90° o talvolta inferiore, angolazione adatta ad allungare bene gli estensori della tibia, ovvero i quadricipiti, che si prenderanno gran parte del lavoro, assieme ai glutei, anch’essi ben pre-allungati.
Questa variante a mio avviso si presta meglio come “complementare” del lavoro sugli altri tipi di stacco o per incrementare il lavoro ipertrofico su quadricipiti e glutei, soprattutto in soggetti con femori discretamente lunghi.
Nulla vieta di utilizzare questo tipo di stance anche a fini prestativi.
4. STACCO CONVENZIONALE EXTRA WIDE
Un’altra variante, è quella di aumentare la distanza tra le gambe, con i talloni di poco oltre la linea delle spalle, mantenendo chiaramente le braccia ai lati delle gambe (stiamo parlando sempre di uno stacco convenzionale).
Ritengo questa variante adatta a chi ha una discreta leva come arti inferiori e che punti più alla prestazione anziché al guadagno ipertrofico o di forza dei muscoli erettori spinali e estensori dell’omero.
In questo modo, sarà come “simulare” uno stacco sumo, dove il bacino risulterà più vicino alla linea del bilanciere e questo, come già detto, permetterà alla schiena di essere meno protesa in avanti e meno sottoposta a carichi e tensioni nella zona lombare. Inoltre, in questo modo sfrutteremo maggiormente trapezi e muscolatura degli arti inferiori, pur mantenendo del lavoro sugli erettori spinali.
5. DEFICIT DEADLIFT
Da non sottovalutare la variante dello stacco convenzionale in deficit o “deficit deadlift”, nel quale partiamo con un’altezza sotto i piedi, di modo da simulare degli arti inferiori più lunghi.
In questa maniera sarà chiaramente più sollecitata la muscolatura degli erettori spinali, del gluteo (e quadricipite se di tipo sumo) e degli ischiocrurali per gli arti inferiori, gran dorsale, trapezio inferiore, romboidi e deltoide nei fasci posteriori.
Personalmente, consiglierei questa modalità come complementare per coloro che intendono migliorare la performance nello stacco convenzionale.
6. MEZZO STACCO
In questa modalità, per ordine di importanza, gli erettori spinali, gli ischiocrurali e i glutei fanno da protagonisti, visto che cooperano nella fase di chiusura del movimento dello stacco, ovvero nell’estensione dell’anca e nell’erigere la colonna. Possibile sia sumo che convenzionale.
La loro attivazione dipenderà anche dall’altezza di partenza che scegliamo ma anche dalla nostra conformazione, che modificherà il loro stato di allungamento: tendenzialmente maggiore l’altezza, minore sarà il coinvolgimento degli ischiocrurali e dei glutei.
Molto utile per migliorare sia la forza di questi muscoli (in modo da avere un transfer nell'esercizio principale), sia la loro ipertrofia se il nostro scopo è estetico.
Personalmente, faccio utilizzare questa variante assieme ad un impostazione sumo, non solo come variante di allenamento ai fini prestativi ma anche come esercizio per fini estetici in determinati tipi di soggetti.
7 STACCO A GAMBE TESE
Ultima variante, solitamente presa in considerazione dal gentil sesso allo scopo di colpire glutei e/o ischiocrurali, è lo stacco a gambe tese.
In questo esercizio è forte l’attivazione degli erettori spinali. L’attivazione degli ischiocrurali è direttamente proporzionale al grado di estensione del ginocchio; più il questo sarà flesso, più il gluteo si allungherà e si prenderà del carico a scapito degli ischiocrurali, e viceversa.
Intervengono nella stabilizzazione della colonna e del braccio anche muscoli come il gran dorsale.
Non si tratta propriamente di uno stacco da terra, infatti il bilanciere non toccherà mai il terreno tra le ripetizioni. È utilizzato come complementare ed ha quindi un ruolo di sviluppo muscolare di muscoli della catena cinetica posteriore.
Quindi è giusto dedicarsi a un solo tipo di stacco?
“NI”. Dipende dal fine della persona!
Se il nostro interesse è migliorare i carichi e progredire in termini di prestazioni e tecnica, il mio consiglio è di lavorare su almeno 2 tipologie di stacco: in maniera più intensa il tipo di stacco che abbiamo scelto in base alla preferenza e che ci piacerebbe migliorare, e in maniera più tecnica e come rifinitura un altro tipo di stacco.
Esempio: se volessi migliorare la forza degli erettori spinali e secondo la mia corporatura prediliga lo stacco sumo, potrei valutare di utilizzare il sumo ai fini prestativi, e inserire nella mia programmazione anche lo stacco convenzionale effettuato con dei fermi isometrici nei punti critici dell'alzata, per migliorare la forza dei suddetti muscoli.
Se il nostro scopo fosse puramente estetico, potremmo pensare di inserire solamente un genere di stacco e solo in alcuni periodi della nostra programmazione di allenamento, oppure due tipologie: una per un lavoro mirato al muscolo in sé, l’altra per migliorare la forza (in range di ripetizioni più bassi) e altri parametri che ci consentiranno nel tempo di acquisire una miglior capacità di reclutamento muscolare.
Esempio: se volessi migliorare l’ipertrofia del gluteo (che interessa molto alle donne) e avessi una conformazione fisica tale da avvertirne poco il lavoro con uno stacco convenzionale, potrei pensare di passare allo stacco sumo (e perché no nelle sue varianti extra wide e mezzo sumo).
In questo caso potremmo pensare allo stacco come una sorta di esercizio complementare nella nostra programmazione, che abbia come fine unico (o quasi) l’incremento dei carichi in range di ripetizioni o modalità di esecuzione volte possibilmente all’ipertrofia, magari con un maggior TUT (Time Under Tension), più ripetizioni ecc..
In conclusione
Come abbiamo visto, le varianti per questo esercizio sono chiaramente molteplici e c’è una grande libertà nel costruire una programmazione a seconda del rapporto che intercorre tra scopo e morfologia fisica.
Questo articolo ha lo scopo di fornire spunti e tracciare dei principi più o meno generali, ma è importante ricordare di provare e sperimentare sempre sul campo.
Personalmente, inserirei sempre lo stacco da terra, curando soprattutto l’esecuzione, senza preoccuparsi di ricercare troppo le sensazioni a livello muscolare, cosa che spesso rischia di "denaturare" il gesto tecnico.
I benefici che un atleta può trarre da questo fondamentale esulano dal semplice sviluppo muscolare.
Infatti, lo stacco è un esercizio adatto a migliorare la coordinazione intermuscolare e intramuscolare e la sincronia tra le fibre muscolari.
Scelta la modalità di esecuzione e la tipologia di stacco, vi consiglio di preoccuparvi prettamente di eseguire in maniera fluida e più naturale possibile l’esecuzione.
Specialmente nel caso dello stacco (che di per sé non nasce come esercizio per far crescere un muscolo in particolare, ma per costruire il corpo globalmente), i muscoli che dovranno attivarsi per quel dato movimento si attiveranno da soli se l’esecuzione è corretta.
Non stancatevi mai di sperimentare e di capire cosa fa per voi, cambiando larghezze, distanze e inclinazione degli arti (pur rimanendo nei limiti della correttezza e assicurare soprattutto alla colonna vertebrale di preservare la lordosi lombare).
Ognuno di noi è unico nella sua diversità, pertanto sarà bene non basarsi mai su quello che fanno gli altri, ma capire cosa è meglio per noi!
AUTORE:
Jonathan Noccioli – Studente in Scienze Motorie, Personal Trainer AICS
Collaboratore del gruppo Facebook POWERBUILDING – SIZE AND STRENGHT
Pagina Instagram: https://www.instagram.com/jonny_noccio/
RIFERIMENTI PARZIALI:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11932579
https://www.accademiaitalianaforza.it/stacco-da-terra-analisi-e-studi-sulle-modalita-desecuzione/
http://www.rawtraining.eu/esercizi-fondamentali/guida-agli-stacchi
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